
Ci sono alcune playlist su youtube che raccolgono canzoni italiane degli anni ’30 e ’40, come “Parlami d’amore Mariù”, “Mille lire al mese”, “Ma l’amore no”, “Voglio vivere così”, tutti brani che mia madre cantava. Era nata nel 1924, amava tutta la musica e adorava cantare, ma visto che spesso il suo umore non era dei migliori, aggiungeva il commento “Uccellino in gabbia, o canta per amor o canta per rabbia” sottolineando l’ultima parola.
Non penso quasi mai a lei. Ma quando ascolto questi brani, mi manca. Chissà che avrebbe detto della mia vita deragliata, dei miei percorsi senza uscita. Era una donna difficile, a volte distante. Aveva avuto una vita complicata ma non aveva mai perso la voglia di fare la monella. Andavamo la domenica mattina a Porta Portese a comprare le camicie usate per me, mi sembrava di averne pagate tre ma lei ne aveva cinque in busta. Si divertiva a infrangere qualche regola. Era attratta dal mistero, dal sovrannaturale. Era un’artista, dipingeva e scriveva bene. Era una sognatrice a cui la vita aveva cancellato i sogni.
Un anno prima che morisse la portai al mare, allo stabilimento Marechiaro di Ostia dove mio padre ci parcheggiava ogni estate, per due mesi (per fortuna). Si allungò sulla sdraio e poi si fece un bagno con calma, godendosi un’ondina dopo l’altra. Non si tuffava da almeno vent’anni. Aveva gli occhi che brillavano.
Anche se eri una dura, avevi un lato folle che mi divertiva. Sono più di trent’anni che non ci sei. Eppure oggi vorrei che tu fossi qui. Andremmo proprio a Ostia, dove ti sei sentita un po’ più libera e felice, a prenderci un gelato da Sisto o un krapfen al bar Paglia che li fa arrivare sul piccolo dirigibile. Ti ricordi quanto ci piacevano?

Mi piacciono questi ricordi, come istantanee, sincere e mai sdolcinate. E sicuramente qualcosa della tua mamma vive in te!
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